di Mario Gangarossa

Era tutto previsto.

Che lo scontro fra il sionismo imperialista e l’islamismo reazionario avrebbe portato alla distruzione di Gaza, al genocidio del suo popolo, alla fine di ogni velleità nazionalista del popolo palestinese.

A una guerra distruttiva che non avrebbe “fatto prigionieri”.

Il “diritto” delle nazioni a esistere comporta il “dovere” di annientare l’avversario.

E le guerre non si vincono a chiacchiere. Sono un fatto “materiale”.

Contano i rapporti di forza, le alleanze, l’organizzazione militare, le risorse economiche.

Nell’epoca della resa dei conti fra le potenze imperialiste che si spartiscono il mondo, la propria collocazione geopolitica.

Ma “Iddio acceca coloro che vuole perdere”.

Nel nostro caso ” il dio” di cui parliamo è la “falsa coscienza”. L’ideologia che diventa forza materiale e abbrutisce gli individui e le loro coscienze.

La concretezza della propria vita materiale, le condizioni naturali di esistenza, che definiscono gli esseri umani, i loro bisogni, il loro vivere dentro la gabbia delle necessità, prima fra tutte la necessità di sopravvivere, spariscono di fronte al “dovere” di combattere per la patria, la bandiera, la nazione.

Per un “ideale” che sintetizza le aspirazioni dei propri dominatori.

Combattere e morire per le decisioni di minoranze che detengono il potere politico, nelle forme che le condizioni storiche gli permettono e che perseguono i LORO obiettivi che nulla hanno a che spartire con l’unico bisogno primario che ha l’umanità. Produrre e riprodurre la propria vita materiale, in pace, senza conflitti e senza che qualcuno pretenda il pizzo per il loro lavoro.

Utopia? Lo era prima dell’Ottobre sovietico. E il fatto che l’onda di risacca della controrivoluzione abbia bloccato il cammino della storia non cambia la consapevolezza che si è potuto vincere.

Che si può vincere.

Bisogna volerlo. I piccoli borghesi in crisi di astinenza dai propri vizi e privilegi continuano a immaginare la rivoluzione come il risultato del loro agitarsi affannoso. Sono la superficie della palude che immota li sta a guardare applaudendo o fischiando le loro performance teatrali.

Nelle acque profonde della palude sociale sono i fatti che determinano la coscienza.

Essi sono più forti delle ideologie perché incidono nelle carne viva degli uomini e delle donne reali.

“Intifada fino alla vittoria”. Ma quando scrivete simili demenziali parole d’ordine siete coscienti di cosa state dicendo? Non ai vostri sodali ai quali basta una birra di troppo per gasarsi e immaginarsi partigiani di qualcosa e scambiare le strade di una periferia cittadina per sentieri di montagna.

Lo state dicendo al popolo di Gaza. Agli zombi disperati, affamati, bombardati perfino sui letti degli ospedali che vagano in cerca di salvezza fra le macerie di un cimitero.

“Genocidio fino alla sconfitta”. La demenziale politica di “avanguardie” che hanno perso ogni contatto con la realtà dei “dannati della terra”.

Perché la pratica dell’eroismo esemplare. Del martirio.

Del sacrifico per gli ideali e l’eroica morte per la patria, quella reale e quella immaginata.

Del meglio un giorno da leoni in cui si vendicano i torti di secoli.

E’ pattume fascista, merda ideologica messa in circolazione dalla borghesia dominante.

Il cappio al collo dei proletari che non hanno ideali ne bandiere per cui morire che non siano la loro liberazione dal fardello del capitale, il responsabile primo di tutte le loro disgrazie.

Voi dite a un popolo che non esiste più. Resistete. Continuate a crepare per impedire ai sionisti di vincere.

E lo dite dalle comode dimore della vostra comoda vita di “aristocratici” che vivete delle briciole garantite dall’imperialismo del vostro paese, che, per quanto straccione e accattone possa essere, vi permette di poter vivere al di sopra della miserabile esistenza della stragrande maggioranza della popolazione mondiale.

Perfino di “pensare” e scrivere cazzate.

Voi pensate che gli esseri umani abbiano la possibilità di scegliere. Vi immaginate artefici della storia.

Credete che il mondo sia costruito a vostra immagine e somiglianza.

Sono i fatti a smentirvi.

Gli esseri umani sono costretti a agire.

Il mondo reale è il mondo delle necessità. Governato da forze materiali, da classi dominanti che agiscono con l’unico scopo di mantenere il loro potere economico e politico.

I proletari non sono soggetto politico attivo, e non lo saranno fin quando non riusciranno a immaginarsi futura classe dirigente e a ricostruire una strategia una prassi una organizzazione internazionale autonoma.

E oggi la loro prima necessità è sopravvivere.

Sopravvivere alle guerre distruttive delle nazioni in concorrenza e in lotta spietata per la loro sopravvivenza.

Non è la loro storia quella che vediamo svolgersi sotto i nostri occhi ma la storia della borghesia ormai classe in putrefazione che si cannibalizza a vicenda conducendo per mano verso il baratro i propri schiavi.

“Disertate” “Fuggite dalla guerra fino a raggiungere la salvezza”. È l’unica forma di “resistenza” razionale di fronte all’annunciato genocidio che ci coinvolgerà TUTTI.

Se a Gaza ci fosse un popolo, un esercito popolare, una resistenza non accecata dall’ideologia, oggi l’unica azione militare che avrebbe un senso e che darebbe un barlume di speranza a quella popolazione martoriata sarebbe buttare giù quel muro che divide Gaza, nel suo punto più debole, a sud, al confine con l’Egitto.

Sciamare da Gaza che ormai è solo un cimitero verso il “paese amico”. Una nakba verso l’unica possibilità di salvezza.

Voglio vedere se gli egiziani, che avrebbero dovuto proteggere i “fratelli palestinesi” e non l’hanno fatto, spererebbero sulle colonne di profughi dandosi il cambio con gli israeliani.

“Farebbe il gioco dei sionisti” che vogliono proprio questo, cacciare i palestinesi dalle loro terre, strillano i fautori delle lotte nazionali, e della rivoluzione col culo degli altri.

Ma l’alternativa è fra il genocidio e la vita.

Crepare o salvare la propria vita e quella dei propri figli.

Io non conosco altra forma di “resistenza” che non parta dalla difesa della vita di chi resiste.

Io non conosco altra forma di rivoluzione che non metta al primo posto la sopravvivenza della classe oppressa.

È la stessa scelta che sono chiamati a fare i proletari ucraini e russi costretti a ammazzarsi a vicenda perché gli oligarchi delle due nazioni si contendono qualche metro di terra in cui, chiunque vinca, continueranno a essere bestie da soma.

Disertare. Disertare.

Disertare TUTTE le guerre. E sputate addosso a chi le spaccia per progressiste e liberatorie.

I proletari sono soli nella loro lotta per l’esistenza. Sfruttati in pace, usati come carne da macello in guerra.

Possono contare solo sulle loro forze e sull’istinto di sopravvivenza.

La loro forza è immensa.

E il loro istinto di sopravvivenza è più forte di qualsiasi ideologia.

Contiamo su quello. E non pensate che sia poco perché per sopravvivere si scalano le montagne.


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