Sono appena tornato da un ufficio postale. Per una semplice operazione di estinzione del libretto ho passato un’ora e mezza davanti allo sportello (non in coda), a tu per tu col direttore, un uomo tra i 40 e i 45 anni, unico titolato per questa operazione. Che, in preda all’imbarazzo per la sua palese incapacità, sudava e mi guardava con uno sguardo che sembrava implorare comprensione. Mentre, armato di stoica pazienza, attendevo gli sviluppi della situazione (dopo circa mezz’ora di goffi tentativi riusciva finalmente ad accendere la macchinetta situata alle sue spalle, ed eravamo solo al primo step!), riflettevo sul famoso testo del compianto Carlo Maria Cipolla, sul ruolo della stupidità nella Storia. Un testo chiarificatore, ma che non spiega l’andamento crescente della stupidità negli ultimi decenni. Una stupidità dilagante, che quelli dotati di un’intelligenza media notano ad ogni pie’ sospinto. Dall’evidente cretinismo dei politici di professione (che risale ad almeno un trentennio fa), a quella dei militari di professione (basti pensare a quel poveraccio di Vannacci, di cui discute mezza Italia – altro sintomo di imbecillità diffusa-), alla sorprendente sopravvivenza (se non addirittura espansione) delle superstizioni (da Babbo Natale ai vari dei delle innumerevoli religioni), all’abnorme espansione di sport, videogiochi, slot machine, ecc., per finire all’ultimo idiota che ti incasina la vita nel traffico, al bar, in un ufficio, sul lavoro, ecc. D’altra parte gli anglo-sassoni, amanti delle misurazioni, è da almeno un quarto di secolo che lanciano l’allarme sullo stupefacente abbassamento del cosiddetto Q.I. (il “quoziente di intelligenza”). Non è la prima volta nella Storia che, per spiegare la decadenza di una società, si ricorre a spiegazioni, diciamo così, poco “sociologico-politiche”. Basti pensare al problema del saturnismo (avvelenamento da piombo) nella tarda antichità romana, per fare solo un esempio. La sinistra (soprattutto i marxisti) si affanna a cercare una spiegazione nella crisi dei rapporti di produzione capitalistici. La destra (soprattutto i fascisti) non si affanna affatto: essendo parte del problema non se ne accorge neppure! E nei bar persino gli stupidi (che vengono stimati tra il 50 e il 60% della popolazione), messi di fronte al problema (sollevato dagli avventori dotati di Q.I. normale o superiore), cercano faticosamente spiegazioni, quasi sempre fantasiose. C’è chi dà colpa al COVID e ai suoi effetti (spiegazione ridicola, perché il fenomeno è visibile per lo meno dalla fine degli anni ’80), chi alla diffusione dei social (idem come sopra), chi all’esposizione alla TV spazzatura. Quest’ultima spiegazione ha qualche elemento di serietà, perché la crescita esponenziale degli imbecilli sembra iniziata prima nelle società (come quella USA) dove la TV è sempre stata privata e onnipresente, 24 ore al giorno, ben prima che l’orrendo fenomeno attecchisse anche nelle società europee (notoriamente ben più avanzate e civili di quella nordamericana). Ma non dà conto del fatto che, anche negli USA (che hanno il record in quanto a stupidità di massa), la grande crescita del fenomeno data dai primi anni Novanta, 40 anni dopo il boom teledeficiente. Anche le spiegazioni sociologiche, tanto care alla sinistra, legate alla decadenza di scuola ed università, non convincono del tutto, visto che ricordano il cane che si morde la coda: scuola ed università fanno sempre più pena perché gli insegnanti sono parte del problema. E quindi si deve ricominciare daccapo per trovare la radice. A questo punto, al di là della sopravvivenza dei geni dell’Uomo di Neanderthal in alcune popolazioni non particolarmente famose per la loro intelligenza (non faccio nomi per non essere accusato di razzismo), dove dobbiamo cercare le radici del fenomeno? E qui capita a fagiolo il recente studio, effettuato da un team internazionale di scienziati (una categoria un po’ meno colpita della media dall’epidemia di cretinismo) facenti riferimento alla S.I.S.Q.I.S.M.*: pare che l’unico fenomeno che accomuna le società contemporanee e che ha sicuri effetti devastanti sui neuroni sia la cosiddetta “musica” techno! Da circa quarant’anni il bombardamento incessante e crescente di questi suoni e vibrazioni sui cervelli delle vittime ha iniziato a fare danni irreversibili. Prima in modo limitato, tra i nati tra il 1965 circa e il 1970 circa, visto che l’esposizione ai funesti “ritmi” era ancora relativamente scarsa (solo il sabato sera, e non tutti i sabato; inoltre c’era, seppur in calo, la concorrenza della disco music, e persino, per una percentuale minoritaria ma non irrilevante, del rock, del blues, del jazz, della musica “etnica”, del tango argentino, ecc.). Poi, a partire dai nati negli anni ’70, in modo via via sempre più esclusivo, sia in termini di tempo dedicato alla sottomissione al bombardamento, sia in termini di riduzione delle alternative. A partire dai nati negli anni ’80 (come il direttore di quell’ufficio postale) la devastazione è stata completata. Chi aveva la sventura di frequentare le discoteche dagli anni ’90 in poi era quindi la vittima designata del martellamento distruttore di neuroni. Anche perché le altre fonti musicali erano sempre più patrimonio della minoranza dal Q.I. normale o superiore alla media. Lo studio pubblicato dal SISQISM è molto approfondito (1274 pagine) con dati scientifici (neurologici, otorinolaringoiatrici, ortopedici, psicologici, psichiatrici, sociologici) inoppugnabili. Lo pubblicheremo prossimamente sul Blog in 2 puntate (per i Q.I. superiori), in 12 puntate (per i Q.I. normali) e in 12.740 puntate (per gli altri, che sono ovviamente una sparuta minoranza tra i nostri lettori).

*Società Internazionale Scienziati con Quoziente di Intelligenza Superiore alla Media

FEICNIUS