di Gilbert Achcar

Quando Ariel Sharon ha deciso la fine dell’occupazione sionista diretta della Striscia di Gaza nel 2005 con una decisione unilaterale israeliana, era, ovviamente, consapevole di fare un regalo avvelenato al popolo della Striscia. Certamente non ha mai avuto intenzione di “liberare” gli abitanti di Gaza dall’occupazione: come avrebbe potuto questo nemico giurato del popolo palestinese avere buone intenzioni nei confronti dei suoi oppositori! Piuttosto, intendeva liberare lo Stato sionista dalle difficoltà del dominio diretto della Striscia e dalle responsabilità che ricadono sullo Stato occupante secondo il diritto internazionale; trasformando Gaza in una grande area con una popolazione agli arresti domiciliari; con lo Stato che controlla tutti i suoi sbocchi e osserva i suoi residenti soffrire, relegati sia in uno stato d’assedio continuo che in una situazione di ostilità permanente.

La forte tensione politica tra le fazioni palestinesi.

Infatti, all’inizio del 2007, solo un anno e pochi mesi dopo la fine dell’occupazione ufficiale, la Striscia ha assistito ad uno scontro militare tra Fatah e Hamas, che ha portato alla rottura dei legami tra la Cisgiordania, rimasta sotto il controllo di una “autorità nazionale” priva di legittimità democratica, guidata dai leader palestinesi più disposti a cooperare con l’occupazione sionista (e anche questo non è bastato ai sionisti che vedono ancora Mahmoud Abbas come un nemico, anche se era un “ moderato” ai loro occhi) e la Striscia di Gaza sotto l’egemonia di Hamas, che ha permesso allo Stato di Israele di dipingerla come un emirato islamico sul modello dei talebani afgani e di permettersi così di attaccarla brutalmente e trasformarla periodicamente in un inferno, con il pretesto di confrontarsi con i “terroristi”, come è successo anche in questi giorni.

Questa terribile situazione ci rimanda alla situazione generale palestinese e alle sue prospettive. 

Per molti anni, il destino palestinese sembrava riassumersi in tre opzioni che non hanno una quarta: la continuazione dell’occupazione nella forma dell’attuale dominio indiretto della Striscia e di parte della Cisgiordania, o lo Stato palestinese indipendente in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza (che attualmente è più vicino a due Stati palestinesi che a uno) o uno Stato di Palestina esteso dal mare al fiume in cui ebrei e palestinesi siano riuniti in un unico quadro, che alcuni sostenitori di questa soluzione, vogliono solo democratico e laico (nel senso di non religioso), mentre altri lo vogliono binazionale.

Diciamolo francamente: fatta eccezione per l’occupazione, che è la realtà attuale da cinquantacinque anni, le altre due “soluzioni” sono un sogno slegato dalla realtà. Ma di quale “indipendenza” può godere un’entità palestinese che è adiacente allo Stato di Israele e quindi è necessariamente sotto la sua tutela militare?

Quanto allo “Stato unico”, sarebbe una bella benedizione, ma non ha futuro nella prevedibile storia umana, a meno che non facciamo affidamento su un miracolo divino che trasformi i lupi in agnelli. Perché senza questo miracolo, l’unico Stato che può essere stabilito sull’intera terra di Palestina dal mare al fiume è quello sionista, se scioglie l’”Autorità palestinese” e annette formalmente la Cisgiordania, cosa che farà solo con un’altra espulsione collettiva dei palestinesi, simile alla Nakba del 1948. La quale includeva la “pulizia etnica”, che ha espulso l’ottanta per cento dei palestinesi dalle terre occupate dal movimento sionista e stabiliva su di esse il proprio Stato.
Il fatto è che i due Stati arabi che hanno assunto la supervisione sia della Cisgiordania che della Striscia di Gaza dopo la Nakba, si sono lavati le mani da questa responsabilità storica dopo aver visto nei territori occupati società ribelli che per loro sarebbe difficile governare. L’Egitto ha ufficialmente rinunciato a qualsiasi pretesa di riconquistare la sua sovranità sulla Striscia fin dal “trattato di pace” che Anwar Sadat ha firmato con Menachem Begin a Washington nel 1979, a seguito degli sfortunati accordi di Camp David dell’anno precedente. A quel tempo, Sadat sapeva con certezza che il popolo di Gaza era tra i più determinati nell’opporsi al suo tradimento della causa palestinese e che la Striscia di Gaza era diventata, dopo l’occupazione del 1967, il fulcro principale della radicalizzazione rivoluzionaria palestinese.
Ironia della sorte, i leader dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina accolsero favorevolmente queste due decisioni, sebbene il loro obiettivo fosse quello di sottrarsi alla responsabilità che era caduta sulle spalle dell’Egitto e della Giordania a seguito della loro assunzione della tutela della Striscia e della Cisgiordania dopo la Guerra di Palestina (1947-49, la Nakba. N.d.R.). Questo perché i leader palestinesi sono caduti nella trappola dell’illusione che presto avrebbero ottenuto uno “Stato palestinese indipendente in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza”, sarebbero state accettate le risoluzioni internazionali e sarebbe stato avviato un dialogo ufficiale con gli Stati Uniti d’America, dopo che Yasser Arafat annunciò il suo “abbandono” del “terrorismo”, una dichiarazione vergognosa imposta dagli americani come condizione per negoziati diretti con lui.
Il risultato di queste illusioni e posizioni, è stata l’eliminazione della quarta opzione, che esisteva fin dall’indomani della guerra del 1967, ovvero quella che allora si chiamava “cancellare le tracce dell’aggressione”: il ritiro dell’esercito sionista dalle terre palestinesi occupate con la Guerra dei Sei Giorni e il ritorno nei due Paesi che li avevano presidiati dopo la Nakba.

La verità è che questa opzione, sebbene non “ideale” come lo è la “soluzione dello stato unico”, è molto più realistica di quella soluzione utopistica, così come il miraggio dello “Stato palestinese indipendente”. È difficile per qualsiasi palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza preferire la propria situazione attuale a quella che prevaleva prima dell’occupazione del 1967, ad eccezione di coloro che beneficiano della loro partecipazione alle due miserabili autorità palestinesi che esistono oggi.

Traduzione dall’arabo tramite traduttori automatici a cura della Redazione di Rproject.it

Qui il testo originale tratto da: http://www.alquds.co.uk

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