Manifestazioni a Torino lunedì 20 e martedì 21
Torino, 18 dicembre, sabato mattina, ore 10, tre operai muoiono sul lavoro in via Genova per il crollo di una gru, due passanti feriti. Un giovane operaio senegalese precipita dall’altezza di otto metri mentre esegue lavori di allacciamento alla rete elettrica e resta gravemente ferito. Pochi giorni prima un operaio era morto sotto un treno, allo scalo ferroviario di Orbassano. Sono episodi che vanno a comporre una “contabilità” drammatica: 40 morti sul lavoro in Piemonte nell’ultimo anno, più di tre al mese, parte dei 1017 morti sul lavoro dall’inizio dell’anno, quasi tre al giorno. Torino, con 13 vittime è la provincia del Piemonte che detiene il numero maggiore di incidenti mortali; seguono Cuneo con 12, Alessandria con 9, Asti 3, Vercelli 2, Verbania 1. Gli infortuni mortali interessano nell’ordine gli agricoltori, gli operai, gli artigiani, i muratori. Tra le cause di morte al primo posto c’è la caduta, seguita dalla movimentazione dei carichi, dagli incidenti stradali e dagli incendi.
Sono numeri impietosi e tragici del perpetuarsi di un’“epidemia” che colpisce quotidianamente il mondo del lavoro e che non dovrebbe più essere tollerata, come invece lo è dopo ogni tragedia, passato il momento del cordoglio delle istituzioni di ogni ordine e grado. A questo punto, della sicurezza sul lavoro si dovrebbe farne un’emergenza nazionale, sorretta e sospinta dalla mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici, dai loro rispettivi sindacati, approfittando della spinta che è venuta dallo sciopero generale del 16 dicembre, per chiedere e ottenere più controlli, più ispezioni ed ispettori del lavoro e, in primo luogo, il coinvolgimento dei diretti interessati nella definizione nel controllo di tutto ciò che occorre per difendere la vita sul posto di lavoro. Si parta da questa ennesima tragedia per rimettere al centro la questione del lavoro e di chi lavora per ridare loro dignità, stabilità contrattuale e retributiva: una vertenza generale per un recupero di civiltà e di umanità, strapazzati impoveriti e mortificati da una logica distruttiva e irresponsabile di un sistema socio-economico che si rivolta contro le persone, con la stessa bramosia con la quale saccheggia la natura e crea condizioni per nuove guerre, sempre possibili.
Come si lavora nell’edilizia
Dalle prima ricostruzioni i tre operai morti nell’incidente sul lavoro si trovavano su una piattaforma per montare il braccio della gru poi crollata. Il cantiere dove stavano lavorando era stato aperto per il rifacimento del tetto di un palazzo di sette piani. Erano dipendenti di una ditta in subappalto, tecnica di prestazione lavorativa ormai diffusa consistente nel ricorso a squadre di cottimisti al fine di ridurre il costo del lavoro sostanzialmente abbassando i salari, aumentando ore e carico di lavoro e mettendo la sicurezza di lavoratori dei cittadini in secondo piano. Nel caso Verificatosi a Torino il gioco delle scatole degli appalti e sub appalti coinvolge tre imprese. Una delle più importanti società torinesi specializzate in ristrutturazioni si era accaparrata la parte principale del cantiere per il rifacimento del tetto del condominio. Questa società aveva subappaltato a ditte esterne l’assemblaggio della gigantesca gru: una aveva fornito l’autogrù necessaria al montaggio, l’altra noleggiava invece gli elementi della torre.
Dopo i lockdown, dice l’INAIL, gli infortuni mortali sul lavoro sono ripresi e aumentati a causa, ad esempio nel settore edilizio, della “fretta di finire i lavori per iniziarne altri” indotta dall’incremento delle richieste prodotta dalle agevolazioni del superbonus per il rifacimento di facciate e tetti dei condomini. Un affare da cogliere al volo per imprese edili già precedentemente agevolate da una legislazione di tutela delle condizioni di lavoro liberalizzata a tutto vantaggio dell’impresa. Per stare dentro un appalto spesso si abbassano i costi di produzione scaricandoli sulla manodopera: aumento dei ritmi di lavoro, l’assunzione precaria di lavoratori mal pagati e poco formati, soprattutto stranieri, uso di macchinari e strutture obsolete, carenze di materiali e di ponteggi, allentamento dell’attenzione sulla sicurezza e della salute sul posto di lavoro, trattati ormai come un costo di produzione e non un diritto inalienabile.
Tutto concorre a determinare condizioni lavorative poco sicure, sacrificate, a rischio della vita, al “dio” profitto, all’obbligo della data di consegna del prodotto finito. Una corsa al profitto in tutte le direzioni, con ricadute negative sulle condizioni di lavoro, assicurate per altro dalla mancanza di controlli da parte delle istituzioni sulle norme di sicurezza applicate. Complice ultima la legge per cui se i pochi di numero ispettori predisposti alla verifica vogliono controllare il luogo di lavoro, devono chiedere il permesso 48 ore prima alle aziende.
Diego Giachetti
I sindacati CGIL CISL e UIL, per martedì hanno indetto un presidio alle 15 di fronte alla Prefettura in Piazza Castello a Torino: «Bisogna fermare la strage dei morti sul lavoro. Devono essere applicate subito le norme di legge esistenti e avviato il tavolo specifico con la prefettura», hanno affermato Cgil Cisl Uil invitando a partecipare.
Egualmente, ma separati, i Sindacati di base danno appuntamento lunedì alle ore 16,30 in Via Arcivescovado 9 di fronte all’Ispettorato del Lavoro.
Sinistra Anticapitalista invita a partecipare ad entrambe le manifestazioni.
Ritiene tuttavia che, specie di fronte a questa ennesima strage di lavoratori, la via dell’unità non è solo quella giusta, ma quella necessaria ed indispensabile.