La penisola iberica, dopo i risultati delle legislative portoghesi di tre mesi fa e di quelle spagnole dell’anno scorso, sembra inseguire, un po’ in ritardo e in maniera meno eclatante, la tendenza di oltre i Pirenei. Il “rosso” (invero più rosa che rosso, visto il predominio in entrambi i paesi dei “socialisti”) è sempre più stinto, lasciando ai soli paesi scandinavi il primato di voti alla sinistra. Ecco la tabella, col raffronto sia alle legislative dell’anno scorso sia alle europee del ’19. La somma non dà 100 perché ho escluso dai due “fronti” i partiti nazionalisti “di centro” come Junts per Catalunya, il Partito Nazionalista Basco, ecc. Non sono certo di sinistra, ma metterli nel calderone con gli eredi dei franchisti mi sembra scorretto.

partitoVoti 24% 24Voti 23% 23Diff, 24/23Voti 19% 19Diff. 24/19
PP596334,2816133,1-2198451920,21444
Vox16789,6305712,4-137913896,2289
SALF8014,680100801
Ciudadanos1210,7121273212,2-2611
Altri destra200,11800,8
DESTRA858349,21139846,3-2815864038,6-57
PSOE526130,2776131,7-2500737032,9-2109
Ahora Republicas*8564,99483,9-9212525,6-396
Sumar8124,7
Podemos5723,3
UNIDAS PODEMOS13848,0**301412,3-1630225910,1-875
Altri sinistra3351,93201,4158453,8-510
SINISTRA783645,1902949,3-11931172652,4-3890
* Coalizione tra ERC, Bildu e BNG (sinistra catalana, basca e gallega) **L’anno scorso la coalizione SUMAR comprendeva anche Podemos.

Si può consolarsi (magramente) per il fatto che la destra perde voti (pochi) rispetto al ’19 e (molti) rispetto all’anno scorso. Lo svuotamento di Ciudadanos (liberal-conservatori) a favore di PP e Vox spiega questo risultato non eclatante per il “campo” dei reazionari locali. Ma il crollo di quasi 3 milioni di voti rispetto all’anno scorso è dovuto al grande aumento degli astenuti, in parte di destra, a quanto pare. Ben 5 milioni in più rispetto alle politiche del ’23 (che vedono sempre una maggior partecipazione rispetto alle europee)! Anche il deludente risultato dei neofranchisti di Vox (che quasi dimezzano i voti in un solo anno) non è tutto rose e fiori, visto che è nato un altro concorrente altrettanto reazionario (Se acabó la fiesta) che si avvicina al milione di voti. L’estrema destra, quindi (facciamo finta che il PP sia “destra civilizzata”) ottiene quasi 2 milioni e mezzo di voti ( e il 14,2%, non lontano da quel 15,1% di pochi anni fa che fece parlare del “fenomeno” Vox, tanto caro alla Meloni). Certo, siamo ancora lontani dai fasti dell’estrema destra francese o italiana, ma per un paese uscito solo mezzo secolo fa da una sanguinaria dittatura (e che era abituato ad un’estrema destra con percentuali da prefisso telefonico) è un segnale allarmante. Oggi, comunque, la destra ha quasi la metà dei voti di chi si è recato alle urne (meno della metà degli elettori, come in Italia, con un calo, rispetto al ’19, analogo al nostro. Ed ha 10 punti in più rispetto a 5 anni fa.

E la “sinistra”? Va male quella moderata e governativa, malissimo quella che un tempo era definita “radicale” (ma che, a forza di frequentare lo zoppo, ha iniziato a zoppicare). Il PSOE, come si dice in gergo, “tiene” (perdendo però oltre due milioni di voti sia rispetto al ’19 che all’anno scorso). La sua cosiddetta “tenuta” è dovuta al fatto che, scampato il pericolo di un “sorpasso” da parte dell’allora Podemos (roba di quasi un decennio fa), si è reinstallato comodamente, grazie a Sanchez, nel (quasi) ripristinato bipolarismo imperfetto spagnolo. Il disastro di quello che è stato Unidas Podemos è sotto gli occhi di tutti: sembrano passati secoli da quando Pablo Iglesias, el coleta, puntava a far diventare Podemos il primo partito dello stato (o almeno il primo della sinistra). Scegliendo la via “realistica” del governo col PSOE la formazione “morada” è scesa dal 20/25% di 8 o 9 anni fa all’8% della somma delle due componenti (Sumar, ala più collaborazionista e filo PSOE, e ciò che resta di Podemos, un po’ più a sinistra). L’unica, magrissima, consolazione, è che l’operazione Sumar, nonostante il favore dei media e degli apparati di potere, non è riuscita a cancellare del tutto Podemos (che è stata quasi sempre cancellata nei sondaggi pre-elettorali). Anche la sinistra più o meno indipendentista catalana, basca e gallega non ha certo brillato, anche se ha tenuto (migliorando in percentuale) rispetto alla somma dei risultati “nazionali” (non “statali”) dell’anno scorso, ma perdendo un terzo dei voti che aveva preso nel ’19. E pure i gli altri partiti e partitini di sinistra, dagli animalisti ai “comunisti” più o meno ortodossi, perdono oltre la metà dei voti ottenuti 5 anni fa. E non credo si consolino con i 15 mila voti in più (mezzo punto percentuale) ottenuti rispetto all’anno scorso. Insomma, sembrerebbe che i nostri “cugini” iberici stiano seguendo gli equivoci passi della sinistra italica, dal disastroso governo Prodi del 2006-08 in poi. Speriamo cambino rotta, visto che i rapporti di forza, per lo meno elettorali, non sono ancora così compromessi come nel Belpaese.

Vittorio Sergi