di Yorgos Mitralias
Dopo venti mesi di massacri quotidiani di civili – soprattutto donne e bambini – e di atti di indicibile sadismo mortale, tra cui la fame organizzata contro gli abitanti di Gaza, lo stato israeliano, ma anche la società israeliana, vedono avvicinarsi come mai prima d’ora il loro momento della verità. Allora, lo stato sionista può diventare “normale”, uno stato più o meno simile agli altri? Insomma, è “riformabile” o è condannato ad affondare sempre più nella barbarie razzista, oscurantista e sterminatrice dei suoi vicini che tratta come subumani? E la società israeliana può liberarsi dei suoi fascisti e aspiranti dittatori o è già troppo tardi per liberarsi dalle sue tentazioni totalitarie e dai suoi demoni suprematisti? (nella foto in alto, dimostranti con la bandiera del gruppo ebraico di estrema destra “Lehava”, la Fiamma)
La risposta a queste domande è data innanzitutto dagli eventi degli ultimi venti mesi. Eventi che hanno visto lo stato israeliano superare una dopo l’altra tutte le «linee rosse», non solo trasformandosi in una macchina per uccidere in massa e commettendo i peggiori crimini contro l’umanità, ma anche rivendicandoli pubblicamente, arrivando persino a dichiararsi sistematicamente orgoglioso di queste macabre «imprese». La constatazione è quindi categorica: lo stato israeliano sta seguendo un’evoluzione inesorabile e pienamente consapevole verso la sua trasformazione in uno stato criminale e fuorilegge!
Ma ciò che rende questa evoluzione ancora più temibile e sinistra è che è resa possibile dalla complicità attiva e dall’approvazione entusiastica della stragrande maggioranza dei cittadini israeliani. Questa amara e pericolosa verità, che abbiamo potuto constatare giorno dopo giorno negli ultimi venti mesi, è ora pienamente confermata dai risultati di un sondaggio pubblicato da Haaretz e passato – «ovviamente» quasi ignorata dai grandi media dei nostri paesi (ma segnalato già dal Refrattario): l’82% degli israeliani vuole espellere i palestinesi da Gaza e il 47% di loro vuole ucciderli tutti, bambini compresi!
Inoltre, il 56% degli ebrei israeliani vuole espellere da Israele i suoi cittadini palestinesi, e questa percentuale sale al 66% per gli israeliani sotto i 40 anni. Va notato che, secondo lo stesso sondaggio, il 70% degli israeliani cosiddetti «liberali» e laici sostiene l’espulsione dei gazawi dalla loro terra, il che ci chiarisce già la vera natura delle loro manifestazioni contro Netanyahu e il suo governo: sì, vogliono sinceramente rovesciare questo governo, e una parte di loro, soprattutto le famiglie degli ostaggi, vuole il cessate il fuoco.
Ma tutto ciò non significa che vogliano una pace duratura con i palestinesi, né che siano contrari alla loro espulsione da Gaza o addirittura al loro sterminio. Del resto, basta leggere attentamente la maggior parte delle loro dichiarazioni per rendersi conto che, salvo rare e lodevoli eccezioni, non sono contrari o addirittura sostengono la ripresa della guerra di sterminio contro i palestinesi dopo un cessate il fuoco che consentirebbe la liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas.
Allo stesso modo, l’enorme percentuale (97%) di ultraortodossi (Haredim) che sostengono l’espulsione dei gazawi dovrebbe rendere più cauti coloro che nei nostri paesi si affrettano a pensare bene del partito di questi stessi Haredim, visto che in questi giorni sta preparando la caduta del governo Netanyahu. In Israele, si può essere contrari a Netanyahu ed essere cattivi quanto lui o anche peggio…
La risposta alle domande del momento della verità israeliana, fornita sia dagli eventi degli ultimi venti mesi che dal sondaggio già citato, non lascia quindi alcun dubbio: no, questo mostruoso stato sionista non è “riformabile”, così come non è “riformabile” la società israeliana che sostiene attivamente le sue politiche genocidarie. Ciò significa che anche se Netanyahu fosse allontanato dal potere, le politiche criminali continuerebbero perché corrispondono ai desideri della stragrande maggioranza della popolazione ebraica di Israele. Quindi, è inutile parlare delle varie “soluzioni” al problema mediorientale (uno o due stati) prima di rispondere alla domanda fondamentale: cosa fare dello stato sionista e, soprattutto, cosa fare di questa società israeliana?
Sedici mesi fa, nel dicembre 2023, scrivevamo giàche «il massacro metodico e la pulizia etnica dei palestinesi, iniziata con la liquidazione di quello che è un vero e proprio ghetto di Gaza, vengono compiuti in piena consapevolezza perché corrispondono agli obiettivi storici del progetto sionista: la creazione, attraverso lo sterminio, l’espulsione e la sottomissione degli indigeni, di uno stato esclusivamente ebraico su tutte le terre del Grande Israele!». E si continuava giungendo alla seguente conclusione: «uno stato del genere è per sua natura mostruoso, disumano e… irriformabile» … e «la soluzione che si impone è evidente: occorre cambiare questo Stato dalla testa ai piedi, per renderlo almeno “normale”, “come gli altri”. Insomma, occorre de-sionizzarlo» (2).
Giunti a questa conclusione, ci si chiedeva come fare per de-sionizzare Israele. Allora ci si rivolgeva a due grandi esperienze del passato che potevano esserci d’aiuto: quella della Germania nazista e quella del Sudafrica dell’apartheid. Ed ecco cosa scrivevamo: «La denazificazione della Germania alla fine della Seconda guerra mondiale è stata imposta dalle potenze che l’hanno sconfitta sul campo di battaglia. L’apartheid sudafricano, la “purificazione” e la “normalizzazione” dello stato sono avvenute dall’interno, su iniziativa di due popolazioni fino ad allora nemiche. Sulla base di questi precedenti, si può già escludere l’applicazione a Israele del modello di denazificazione tedesco perché presupporrebbe la sconfitta militare di Israele, che molto probabilmente porterebbe a un terribile bagno di sangue della sua popolazione ebraica».
Avendo quindi escluso la denazificazione alla tedesca, il nostro articolo di allora si dichiarava favorevole alla «variante sudafricana, che presuppone che la de-sionizzazione di Israele avvenga dall’interno, su iniziativa dei suoi stessi cittadini». Oggi, tenendo conto non solo dei massacri e degli altri crimini contro l’umanità perpetrati giorno dopo giorno dallo stato israeliano a Gaza, ma anche sempre più spesso in Cisgiordania, e tenendo conto soprattutto delle disposizioni pogromistiche e sterminatrici della grande maggioranza dei cittadini (ebrei) di Israele, non la pensiamo più come 16 mesi fa, nel dicembre 2023: uno scenario di de-sionizzazione alla sudafricana della società israeliana ci sembra improbabile se non impossibile, tanto più che il tempo stringe per un’eventuale «pacificazione» di questo stato e di questa società.
Purtroppo, ciò che già appare, ma in filigrana, all’orizzonte israeliano è la purga di questa società, prima dai suoi (rari) elementi critici del genocidio palestinese, e poi da tutti i cittadini (ebrei) che oseranno rivendicare diritti e libertà democratiche. Quindi, di fronte a una situazione del genere, dominata da un’estrema destra fascista, oscurantista, molto aggressiva e violenta, è molto probabile che assisteremo all’esacerbazione e alla generalizzazione di un fenomeno che sta già iniziando a manifestarsi: l’esodo massiccio da Israele dei suoi cittadini un po’ liberali e laici che tengono ai loro diritti individuali più elementari. Il risultato di una tale evoluzione sarà che in Israele rimarranno solo fazioni di estremisti più o meno deliranti e suprematisti, che prima o poi si scontreranno tra loro, inventando nuovi “nemici” che dovranno essere bombardati o addirittura sterminati per perpetuare il loro potere, basato tra l’altro sul sentimento di estrema insicurezza che deriva dal mito fondante di un Israele presumibilmente condannato a vivere circondato da nemici cosiddetti ereditari.
La nostra conclusione non può essere ottimistica, tanto più che non vediamo come gli israeliani potrebbero tornare ad essere esseri più o meno “normali”, smettendo di favorire e praticare la pulizia etnica e lo sterminio dei palestinesi, e domani forse di altri loro vicini, in nome del mito del Grande Israele biblico che deve essere ricostituito. Quindi, per il momento siamo sicuri solo di una cosa: quando Israele incontrerà le sue prime grandi difficoltà e i suoi sostenitori di oggi, che sono antisemiti dichiarati, si rivolteranno nuovamente contro gli ebrei, quelli che prenderanno le loro difese saranno, ancora una volta, gli stessi che li hanno sempre difesi con le unghie e con i denti e a rischio della propria vita. Vale a dire quelle poche persone di sinistra, preferibilmente rivoluzionarie, che oggi si osa definire “antisemite”…
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