È dal 2 marzo scorso che Israele blocca tutte le consegne di cibo, carburante, medicinali e aiuti all’enclave. La scorsa settimana, in seguito alle pressioni internazionali il governo di Tel Aviv ha annunciato la ripresa di “aiuti minimi” attraverso la Ghf, un’organizzazione privata, fondata da ex contractors, le cui credenziali etiche e umanitarie sono considerate estremamente opache. Israele afferma che passare per Ghf è l’unica strada per impedire che gli aiuti siano saccheggiati o finiscano nelle mani di Hamas. Ma le Nazioni Unite e altri gruppi umanitari affermano di non aver assistito a dirottamenti di aiuti su larga scala e accusano Israele di sfruttare la disperazione dei palestinesi affamati e sfollati per agevolare la deportazione di oltre due milioni di persone nella parte meridionale della Striscia, come auspicato dal governo di Benjamin Netanyahu. Il gruppo non aveva ancora cominciato la distribuzione quando il suo direttore esecutivo, Jake Wood, si è dimesso affermando che “è chiaro che non è possibile attuare questo piano nel rigoroso rispetto dei principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza”. Al suo posto ieri è stato nominato Johnnie Moore, imprenditore e leader evangelico statunitense, vicino all’amministrazione Trump, nuovo presidente esecutivo dell’organizzazione. Ma l’organizzazione continua a perdere pezzi e anche la Boston Consulting Group (Bcg), tra le principali società di consulenza degli Stati uniti, ha comunicato oggi di aver interrotto la sua collaborazione con la Ghf.

Tra offensiva militare, bilancio dei morti in continuo aggiornamento e blocco degli aiuti umanitari, il sostegno per Israele nell’opinione pubblica europea è crollato ai livelli più bassi mai registrati. È quanto emerge da un sondaggio di YouGov condotto in sei paesi europei (Regno Unito, Francia, Italia, Spagna, Germania e Danimarca), secondo il quale in tutti gli Stati presi in considerazione, meno di un quinto degli intervistati ha un’opinione favorevole su Israele. Nel complesso, solo il 13-21% della popolazione di ciascun paese ha un’opinione favorevole su Israele, rispetto al 63-70% che esprime un’opinione sfavorevole. Un cambiamento significativo, apparso nelle ultime settimane in modo manifesto attraverso petizioni online, proteste e iniziative della società civile che hanno indotto la classe politica europea a inedite prese di posizione contro Israele. La condanna espressa da diversi leader politici, da sola, non ha cambiato le cose ma c’è chi ora dalle parole passa ai fatti: la Spagna ha annullato un contratto da 285 milioni di euro per l’acquisto di  missili anticarro e lanciatori, che sarebbero stati prodotti dalla filiale spagnola della società israeliana Rafael Advanced Defense Systems. E in Italia diverse regioni e comuni hanno interrotto le relazioni istituzionali con Tel Aviv, mentre crescono le pressioni perché il governo congeli il rinnovo del memorandum d’intesa con Israele in materia di cooperazione militare e della difesa in scadenza l’8 giugno, per marcare la distanza politica da Netanyahu.

da ISPI


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