Sottoponiamo all’attenzione dei lettori di questo blog un brano di Walter Benjamin, un classico del pensiero critico (da materialista sui generis), per la strabiliante assonanza che alcune delle sue affermazioni hanno con i recenti sviluppi politici statunitensi, in particolare con le attività della schiera di tecnocrati multimiliardari ultra-bellicisti di cui si è attorniata la nuova amministrazione Trump – pur nell’andamento oracolare del suo scritto, in questo come in altri passaggi dell’opera dell’Autore.
Questo testo di Benjamin è parte di un frammento composto tra la fine del dicembre 1935 e il febbraio 1936, in concomitanza con la stesura della seconda versione (inedita nel corso della vita dell’Autore) de L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica[1].
Non si può ovviamente affermare che Benjamin avesse previsto con novant’anni di anticipo l’apparizione sulla scena politica di Elon Musk con il suo Starlink; tuttavia non si può che restare ammirati davanti alla sua intuizione sullo sviluppo di tendenza del ruolo della tecnica nel quadro di una formazione sociale che vuole in ogni modo ostacolare l’emancipazione dell’umanità (una formazione sociale che oggi come ieri si serve del fascismo al fine di implementare attraverso la sfera del politico i propri programmi).
Al testo italiano – che è una versione leggermente emendata di quella presente alle pp. 315-6 del sesto volume delle Opere complete di Walter Benjamin edite da Einaudi – segue l’originale tedesco (da Gesammelte Schriften, vol. VII, pp. 665-6).

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{Del resto nelle rivoluzioni si impone una nuova volontà utopica[2]. Ma allora accanto all’utopia della seconda natura esiste anche un’utopia della prima[3]. Quella più vicina alla realizzazione di questa. Quanto più avanza lo sviluppo dell’umanità tanto più chiaramente retrocedono le utopie riguardanti la prima natura – e soprattutto il corpo umano – a tutto favore della società e della tecnica incipiente. Che questo arretramento sia provvisorio è evidente}. I problemi della seconda natura, quella sociale e tecnica, debbono essere vicini alla loro soluzione, prima che quelli della prima – amore e morte – facciano intravedere i loro profili[4]. (Certo, proprio alcuni degli spiriti più lungimiranti della Rivoluzione borghese non vollero ammetterlo. Sade e Fourier hanno in mente l’immediata realizzazione dei piaceri. In relazione a questo aspetto dell’utopia in Russia si nota invece una regressione. La pianificazione delle condizioni collettive di vita si sposa con una vasta pianificazione tecnica di scala planetaria). (Non a caso le incursioni in Artide e nella stratosfera sono tra le prime grandi imprese dell’Unione Sovietica pacificata[5]). Prestando orecchio, in questo quadro tematico, alla parola d’ordine «sangue e suolo» d’un tratto ci si trova innanzi il fascismo, che cerca di sbarrare la strada ad entrambe le utopie. Il «sangue» – ciò che viene contrapposto alla utopia della prima natura –, che vorrebbe fare della propria medicina un parco giochi per i microbi. Il «suolo» – ciò che viene contrapposto alla utopia della seconda natura –, per la cui realizzazione deve essere privilegiato quel tipo d’uomo che va nella stratosfera per poter sganciare bombe da quell’altezza[6].
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{Im übrigen bricht in den Revolutionen noch ein anderer utopischer Wille durch. Denn es gibt neben der Utopie der zweiten eine Utopie der ersten Natur. Jene liegt der Realisierung näher als diese. Je weiter die Entwicklung der Menschheit ausgreift, desto offenkundiger werden die die erste Natur (und zumal den menschlichen Leib) betreffenden Utopien zugunsten der die Gesellschaft und die Technik angehenden zurücktreten. Daß dieser Rücktritt ein provisorischer ist, versteht sich dabei von selber.} Die Probleme der zweiten Natur, die gesellschaftlichen und technischen, müssen ihrer Lösung sehr nahe sein, ehe die der ersten – Liebe und Tod – ihre Umrisse ahnen lassen. (Freilich wollten das einige gerade unter den weitestblikkenden Geistern der bürgerlichen Revolution nicht wahrhaben. Sade und Fourier fassen die unmittelbare Verwirklichung des menschlichen Freudenlebens ins Auge. Demgegenüber sieht man in Rußland diese Seite der Utopie zurücktreten. Dafür ·verbindet die Planung des Kollektivdaseins sich mit einer technischen Planung in umfassendem planetarischen Maßstab [)J. (Nicht zufällig gehören Streifzüge in die Arktis und in die Stratosphäre zu den ersten Großtaten der befriedeten Sowjetunion.) Gewährt man in diesem Zusammenhang der Parole »Blut und Boden« ein Ohr, so steht mit einem Schlag der Faschismus da, wie er beiden Utopien den Weg zuverlegen sucht . »Blut« – das geht wider die Utopie der ersten Natur, die seine Medizin allen Mikroben zum Tummelplatz geben will . »Boden« – das geht wider die Utopie der zweiten Natur, deren Realisierung ein Vorrecht desjenigen Typus von Mensch sein soll, der in die Stratosphäre aufsteigt, um Bomben von dort herabzuwerfen.
Note
[1] Il paragrafo che segue costituisce una variazione della nota che chiude la sezione VI de L’opera d’arte nella sua seconda stesura.
[2] La questione della “utopia” è affrontata più diffusamente nella nota di cui questo paragrafo costituisce una variazione. In essa si legge: «Le rivoluzioni sono innervazioni del collettivo o, più precisamente, tentativi di innervazione da parte del nuovo collettivo storicamente unico che ha i suoi organi nella nuova tecnologia […]. Proprio come un bambino che abbia imparato ad afferrare tende la propria mano per prendere la luna come farebbe con una palla, così l’umanità, nei suoi sforzi di innervazione, pone i propri obiettivi tanto su fini al momento utopici, tanto su fini che sono alla sua portata». Il tema dell’utopia – che non è alieno alla letteratura materialista, purché esso sia inteso, per l’appunto, materialisticamente – discende in questo caso da Fourier, il cui nome sarà menzionato nelle righe successive.
[3] I concetti di “prima” e “seconda” natura (quest’ultimo ha le proprie origini nel Lukács di Storia e coscienza di classe), distinguono rispettivamente gli elementi naturali dai costrutti sociali, e in questa accezione erano stati integrati da Benjamin nella prima versione de L’opera d’arte. Nella seconda stesura del testo, in cui si problematizza in misura maggiore il costante rapporto che l’uomo intesse con la natura (sulla scia della consapevolezza marxiana di come tale rapporto sia da sempre fondato sull’interazione tra queste due polarità), Benjamin sposta invece la propria attenzione sulle due distinte modalità di trasformazione (tecnica) apportate dalla tecnologia nella relazione tra l’umanità e il contesto naturale (che è allo stesso tempo sociale, in ragione dell’attività umana stessa) in cui essa è inserita. Emergono così le idee di una “prima tecnica” – cultuale, fondata sul rito e imperniata sull’uso dell’essere umano (come negli atti sacrificali) – e di una “seconda tecnica” – che non si focalizza sul dominio della natura in sé, bensì sul dominio/regolazione del rapporto tra umanità e natura.
[4] Secondo Benjamin, la rivoluzione è il processo attraverso il quale l’umanità tenta di dominare le forze della seconda natura, ovverosia quelle che danno forma ai rapporti sociali, per poter conseguire la propria emancipazione. Ciò non dà una risposta agli interrogativi sollevati dalla prima natura (quelli che riguardano l’essere umano nella sua individualità: vita, morte, amore), ma una soluzione degli stessi (se possibile) richiede preliminarmente la creazione di uno spazio nuovo, emancipato dalle costrizioni della società capitalistica. Ciò richiede, però, che sia messo in atto un diverso impiego della tecnica da parte dell’umanità; un impiego che anziché polverizzare gli esseri umani, ne renda possibile la liberazione: una tecnica che non sia al servizio dei tritacarne capitalistici, ma che possa liberarne il pieno potenziale espressivo. È precisamente in funzione del conseguimento di questa liberazione entra in gioco il ruolo dell’opera d’arte: liberata dal proprio residuo cultuale e auratico (anche se l’esposizione di Benjamin in questo senso non è del tutto libera da oscillazioni), l’Arte – e il cinema in particolare – è in grado di fornire uno spazio entro i confini del quale l’umanità può acquisire familiarità con le reali potenziali dello sviluppo tecnico, in una sorta di “prova generale” per la rivoluzione.
Il permanere della dimensione sacrale, al contrario, è uno strumento deleterio per l’emancipazione, ed è impiegato astutamente dai reazionari precisamente in questo senso. Su questa constatazione si basa la polemica di Benjamin intorno alla “spettacolarizzazione del politico” da parte dei fascisti: mentre questi disinnescano il potenziale rivoluzionario delle masse inserendo un elemento artistico (in senso deteriore) nella politica, il ruolo dei comunisti è quello di portare la politica nell’arte, per renderne ancora più esplosivo il carattere rivoluzionario (come si legge nella conclusione del testo: «“Fiat ars – pereat mundus”, dice il fascismo, e si aspetta dalla guerra il soddisfacimento artistico della percezione sensoriale modificata dalla tecnica, come ammette Marinetti. È questo, evidentemente, il compimento [finale] dell’art pour l’art. L’umanità, che in Omero era uno spettacolo per gli dèi dell’Olimpo, ora lo è diventata per sé stessa. La sua autoestraniazione ha raggiunto un grado che le permette di vivere il proprio annientamento come un godimento estetico di prim’ordine. Questo è il senso dell’estetizzazione della politica che il fascismo persegue. Il comunismo gli risponde con la politicizzazione dell’arte».
[5] Il riferimento è rispettivamente all’impresa guidata da Otto Schmidt e Vladimir Ivanovich Voronin, durante la quale fu per la prima volta possibile coprire in un unico viaggio senza la necessità di svernare in porto alcuno la rotta artica (tra il giugno e l’ottobre 1932) e agli studi realizzati tramite gli stratostati URSS-1 (in seguito URSS-1bis) e Osoaviakhim-1 (tra il settembre 1933 e il giugno 1935).
[6] Nelle parole di Benjamin è evidente il ruolo perverso che assumono, nel quadro di una formazione sociale repressiva, quelle che altrove rappresentano le punte più avanzate dei tentativi di creare nuovo modello di relazione con la natura; un modello capace di garantire lo sviluppo di un’esistenza umana a sua volta migliore. E’ da notare che il riferimento al gioco contenuto nella sezione VI de L’opera d’arte descriva quest’ultimo come «lo spazio dal quale, con astuzia inconscia, l’uomo incominciò a distanziarsi dalla natura»; esso costituisce «l’origine della seconda tecnica», la quale «opera per mezzo di esperimenti e procedure di controllo infinitamente varie»: è evidente quindi quanto radicale sia il rovesciamento operato dalla tecnica del dominio capitalistico (con una medicina che sperimenta con la morte) di contro alle potenzialità positive che di quest’ultima si potrebbe giovare una società del tutto nuova.
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