di Fabrizio Burattini, sulla base di notizie di archivio di Mediapart

Tra le lettrici e i lettori di bresciaanticapitalista non ci sono equivoci sulla natura del governo che Emmanuel Macron ha fatto formare al neo premier François Bayrou. Ma vale comunque la pena di mettere a disposizione alcune notizie più dettagliate sulla formazione e l’azione politica dei nuovi ministri francesi.
Cominciamo proprio dal primo ministro, François Bayrou.
François Bayrou è già stato ministro della Giustizia sotto Emmanuel Macron, nel 2017, ma solo per un mese, a causa di una vicenda di appropriazione indebita di fondi pubblici da parte del suo partito, il MoDem, poi assolto per “insufficienza di prove”, nonostante la condanna del suo partito centrista, dei suoi tesorieri e di vari ex deputati. Il neo primo ministro però è ancora incriminato e dovrà affrontare il processo di appello, perché la procura di Parigi ha impugnato la sentenza di assoluzione in primo grado.
Anche per questa sua condizione, François Bayrou ha recentemente fatto dichiarazioni di minimizzazione sulla vicenda per la quale la stessa procura di Parigi ha aperto un’inchiesta contro Marine Le Pen anche qui per appropriazione indebita: tra accusati c’è sempre una certa solidarietà.
Come nel caso della condanna del sindaco di Tolone, Hubert Falco, sempre per appropriazione indebita di fondi pubblici, obbligato alle dimissioni, ma difeso da Bayrou, che aveva dichiarato che il sindaco non aveva mica commesso “un crimine contro l’umanità”.
Passiamo a Manuel Valls, ministro dei Territori d’Oltremare.
Un po’ come Matteo Renzi, Manuel Valls, già primo ministro tra il 2014 e il 2016, era stato assunto mesi fa come consulente per il Bahrein, al fine difendere gli interessi della petromonarchia dietro lauta ricompensa, versata da una società offshore con sede a Hong Kong, dei cui proprietari non è stato possibile ottenere il nome.
Vista la sua doppia nazionalità, Valls, senza più ruolo in Francia, nel 2019 si era presentato alle elezioni comunali di Barcellona, contro i candidati separatisti, come “candidato d’ordine”. Non venne eletto, nonostante l’ingentissima somma investita nella campagna, tanto grande da essergli costata 270.000 euro di multa per aver superato la cifra massima consentita dalla legge elettorale vigente. Il suo orientamento anticatalanista fu comunque così forte da spingerlo a partecipare ad una marcia “spagnolista” a Madrid insieme ad esponenti del partito di estrema destra Vox.
Rachida Dati, ministro della Cultura
La donna, di origini marocchine, personaggio di spicco della destra gollista, sindaca dell’aristocratico VII arrondissement della capitale e eurodeputata, occupa ininterrottamente questo dicastero nonostante le ripetute crisi e sconfessioni politiche dei governi di cui ha fatto parte, e nonostante che la Procura finanziaria nazionale abbia chiesto il suo rinvio a giudizio per “occultamento di abuso di potere e abuso di fiducia”e “corruzione passiva e traffico di influenze da parte di persona investita di una carica pubblica elettiva”, per un “patto corruttivo” con il capo della Renault, che le avrebbe corrisposto abusivamente poco meno di un milione di euro per difendere gli interessi della Renault al parlamento europeo.
Gérald Darmanin, ministro della Giustizia.
Gérald Darmanin lo scorso anno era stato al centro delle rivelazioni di due donne che lo accusavano di aver abusato sessualmente di loro quando, trovatesi in difficoltà, si erano rivolte a lui per chiedere un aiuto. Nonostante le evidenze delle accuse, supportate anche da messaggi SMS, Darmanin è riuscito a far archiviare il caso. Paradossalmente, come ministro della Giustizia, sarà proprio lui a dover sostenere la proposta di legge sugli stupri attualmente in discussione in parlamento.
Éric Lombard, ministro dell’Economia
Il nuovo ministro dell’Economia è stato, fino alla sua nomina, capo della Caisse des Dépôts et Consignations(CDC) dal dicembre 2017. Questa potentissima istituzione finanziaria pubblica è l’equivalente della Cassa Depositi e prestiti italiana. Il neo ministro, negli oltre sei anni di gestione della CDC è stato più volte al centro di vicende di conflitti di interessi.
Agnès Pannier-Runacher, ministra della Transizione ecologica
La ministra ha un evidente conflitto di interessi familiare, visto che gestisce le questioni ambientali pur essendo l’ereditiera di una ricca famiglia di petrolieri. Possiede inoltre una società e patrimoni personali domiciliati in paradisi fiscali, non compresi nelle dichiarazioni patrimoniali obbligatorie per i ministri.
Aurore Bergé, ministro per la Parità tra donne e uomini
Aurore Bergé nel suo precedente incarico come ministra della Famiglia è stata deferita al tribunale per falsa testimonianza, per aver mentito sotto giuramento e aver negato i suoi legami con una delle principali lobbiste del settore privato, la direttrice della Federazione francese delle imprese di asili nido.
Marc Ferracci, ministro dell’Industria e dell’Energia
Già ministro dell’Industria, è accusato di conflitto di interessi, in quanto azionista del potente gruppo Alpha, un’azienda che fornisce consulenza a sindacati e imprese.
Patricia Mirallès, ministro alla Memoria
Accusata di aver presentato come spese legate al suo mandato di deputata i costi del trasloco del figlio, la riparazione del computer della figlia, vari soggiorni alberghieri. Aveva respinto tutte le accuse, ma aveva creduto meglio mettere a tacere il tutto rimborsando le spese incriminate.
Thani Mohamed Soilihi, ministro dei Partenariati internazionali
Vicepresidente “socialista” del Senato francese, si è trovato al centro di un curioso scambio di collaboratori con il collega senatore Joël Guerriau. I due hanno assunto come collaboratrici parlamentari le rispettive consorti, al fine di aggirare il divieto di assunzione di congiunti.
Come si vede, la sindrome Toti, Santanchè, Lollobrigida, Sangiuliano, ecc. non è una peculiarità italiana.
Da: https://andream94.wordpress.com/2024/12/30/francia-la-sindrome-italiana-del-nuovo-governo-bayrou/
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