di Andrea Martini

Nella serata del 12 dicembre 1969 scoppiarono una bomba a Milano e tre a Roma. Le bombe di Roma lasciarono diciotto feriti, mentre quella di Milano uccise diciassette persone e ne ferì ottantotto. La polizia, su indicazione dei servizi segreti del SID , a Milano arrestò due anarchici, uno dei quali Giuseppe Pinelli, morì, gettato da una finestra della questura durante un interrogatorio, morte che la stampa attribuì al suicidio di un “criminale che ormai era stato scoperto”. La vicenda fu resa nota a tutti anche grazie a un’opera teatrale di Dario Fo, Morte accidentale di un anarchico

In quel giorno le sorti del paese rischiarono un drammatico salto all’indietro. Nei due anni precedenti, l’Italia aveva conosciuto un’enorme crescita della forza della classe operaia e della contestazione giovanile, con scioperi, manifestazioni, autoriduzione dei prezzi e occupazioni di massa. Le forze reazionarie e i servizi segreti iniziarono a compiere atti terroristici con l’aiuto di gruppi fascisti. 

Ma ad essere accusati furono gli anarchici e la sinistra. Molti militanti e attivisti delle lotte popolari operaia furono arrestati.

Ad evitare che tutto precipitasse in una tremenda reazione d’ordine, in una repressione di massa alimentata dalla capagna della stampa contro i “criminali comunisti e anarchici” fu, a caldo, la pronta decisione del potente movimento studentesco milanese di partecipare in massa con le bandiere rosse listate a lutto ai funerali delle vittime dell’attentato. 

E poi fu il libro controinchiesta La Strage di Stato, pubblicato già nel giugno 1970 dalla casa editrice Samonà e Savelli (e poi ripetutamente ripubblicato nei trent’anni successivi da Edizioni AssociateLibera Informazione Editrice e Odradek). La controinchiesta, con le sue numerose e inappuntabili prove sulla natura reazionaria e fascista del sanguinoso attentato, raccolte con il lavoro di centinaia di attivisti, era stata curata da Marco LiginiEdgardo Pellegrini e dall’avvocato Eduardo Di Giovanni, e fu un vero e proprio successo editoriale, con oltre 500.000 copie vendute e la pubblicazione anche in altre lingue. 

Nonostante ciò, la stampa “ufficiale” continuò a dare la colpa agli anarchici, e poi, quando il coinvolgimento dei fascisti era ormai patente, ad una “innaturale alleanza eversiva composta da anarchici e fascisti”. Un certo numero di fascisti vennero processati, condannati e imprigionati, altri assolti, come l’agente del SID Guido Giannettini, scagionbato per “mancanza di prove”. Costui venne comunque espulso dall’Italia, anche se lo stato continuò a corrispondergli lo stipendio.

Nessun anarchico venne mai chiamato in giudizio, compreso Pietro Valpreda, indicato dalla stampa come il “mostro” nei primi giorni dopo la strage.

Nei dodici anni che vanno dal 1969 al 1980 si sono verificati 4.298 incidenti terroristici. Il 68% di questi sono stati palesemente messi in atto dai fascisti, responsabili peraltro del maggiorn numero dei morti. Sempre, oltre a quella della manovalanza fascista, emergono le responsabilità diretta o almeno la collusione dei servizi segreti e/o di “rispettabili” associazioni conservatrici (ad esempio “Gladio” e “P2”). I mass media, dal loro canto, danno molto risalto agli atti messi in opera dal “terrorismo rosso” e usano la sordina sulle avioni eversive e sanguinarie dei vari gruppi neofascisti. Il copione usato nel dicembre 1969, quello di tentare di incolpare sempre la sinistra, si è più volte ripetuto.

Il 4 agosto 1974 un attentato a un treno vicino a Bologna uccise 12 persone e ne ferì 48. Una sentenza del 1983 su questa atrocità stabilì:

Secondo l’opinione delle parti risarcitorie,
gli imputati appartenenti a “Ordine Nuovo” sarebbero stati ispirati, armati e finanziati per realizzare l’attentato dal movimento massonico, che si sarebbe avvantaggiato di sovversivi e terroristi di destra, nell’ambito della cosiddetta “strategia della tensione”, nel tentativo di arrestare la progressiva deriva a sinistra del paese e di porre le basi per un futuro colpo di stato.

Il ruolo dei servizi segreti emerse con forza e in maniera innegabile quando, nel settembre 1974, si rivelò che il capo del SID, il generale Vito Miceli aveva partecipato quattro anni prima, nel 1970, ad un tentativo di colpo di stato fascista. Miceli, peraltro non venne punito, ma anzi venne eletto deputato nelle liste del partito neofascista MSI.

Il governo democristiano, perché tutto cambiasse al fine che nulla cambiasse, nel 1977, “eliminò” il SID semplicemente cambiadone il nome. Il “nuovo” servizio segreto, il SISMI, però non cambiò i suoi comportamenti e le sue complicità. Il 2 agosto del 1980 una bomba esplose nella sala d’attesa di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna, uccidendo 85 persone e ferendone oltre duecento. Parecchi anni dopo un certo numero di ufficiali del SISMI furono processati per questa atrocità, anche se nel processo di secondo grado le loro condanne furono annullate. 

Nel maggio del 1981, i giudici istruttori Gherardo Colombo e Giuliano Turone, nell’ambito di un’inchiesta sul finto rapimento del finanziere Michele Sindona, fecero perquisire la casa di Licio Gelli, un fascista, sostenitore di Mussolini e delle SS naziste, attivo nel Dopoguerra nel sostenere le “Ratlines”, le vie di fuga sponsorizzate dal Vaticano e dalla CIA al fine di far espatriare i criminali nazisti, arricchitosi con il traffico di armi in America Latina. 

Perquisendo la sua casa, la polizia si imbatté in una
lista di oltre seicento nomi, con tanto di prove che li collegavano a un gruppo massone denominato Propaganda-2, in breve la “P2”. La P2 aveva reclutato tra nell’élite della società italiana 195 ufficiali militari,
2 ministri in carica, 3 ex ministri, un segretario di partito, 16 magistrati, 422 funzionari statali, 36 parlamentari, i dirigenti dei servizi segreti e vari banchieri e capitalisti. I magistrati che indagavano
sull’attentato di Bologna scoprirono che la P2 era stata sponsor di gran parte della violenza fascista e delle relative insabbiature e distorsioni. 

Della P2 faceva parte anche Silvio Berlusconi, che in seguito sarebbe diventato primo ministro, e che era a capo del “Gruppo 17”, la sezione della P2 che si occupava dei mass media, incaricata di influenzare l’opinione pubblica. Fu la P2 a sostenerlo nella sua scalata nel settore televisivo.

Gelli era il “venerabile maestro” della P2 e nel 1986 fu processato per la sua parte nell’attentato di Bologna del 1980 e fu assolto ma ritenuto colpevole di falsa testimonianza. 

Questo era il piano della P2: attraverso il terrore nello stile dell’agente provocatore, promuovere un programma di legge e ordine e fornire un pretesto
per una stretta sul dissenso e la lotta dei lavoratori, se necessario un colpo di stato. Tuttavia, dato che la P2 costituiva uno “stato nello stato”, un colpo di stato sarebbe stata l’opzione di ultima istanza e si sarebbe verificato se, ad esempio, il partito comunista fosse entrato in un governo di coalizione. Un tale colpo di stato avrebbe senza dubbio coinvolto Gladio, un’altra organizzazione nelle torbide ombre dello stato segreto italiano che condivideva gli stessi fini e mezzi della P2.

Nel marzo 2001 il generale Maletti, comandante della sezione controspionaggio dell’intelligence militare italiana, affermò in un processo a vari fascisti per uno degli attentati del 1969 che 

la CIA, seguendo le direttive del suo governo, voleva creare un nazionalismo italiano in grado di fermare quella che vedeva come una deriva a sinistra e, a questo scopo, potrebbe aver fatto uso del terrorismo di destra. Credo che questo sia ciò che è accaduto anche in altri paesi.

da: https://andream94.wordpress.com/2024/12/12/12-dicembre-1969-inizia-in-italia-la-strategia-della-tensione/


Scopri di più da Brescia Anticapitalista

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.