Il Giornale di Brescia, edizione di lunedì 6 febbraio, nella rubrica ‘Lettere al direttore’, pubblica la missiva di ‘Un cittadino antifascista’: “Quel busto al museo del Risorgimento cosa c’entra”?
L’estensore, nel post scriptum, specifica: “per la cronaca non sono comunista -non lo sono mai stato- sono ‘solo’ un cittadino cui piace approfondire la storia”.
Il busto in questione, in cui “il mento sporge in avanti in modo aggressivo”, è una scultura in bronzo di Benito Mussolini, realizzata da Adolfo (nomen omen) Wildt nel 1923. L’originale è stata esposta al pubblico per la prima volta alla Casa del fascio di Milano, il 28 ottobre dell’anno in cui è stata realizzata, primo anniversario della marcia su Roma. Attualmente presso la Galleria d’Arte Moderna (GAM) di Milano.
Quella bresciana, conservata presso i Musei Civici d’Arte e Storia di Brescia, è una diversa versione della prima.
Le caratteristiche artistico-somatiche di questa ‘opera brutta’ sono tratteggiate nello scritto (potete leggerlo allegato) dell’indignato ‘cittadino’ che ricorda anche come, in maniera del tutto inopportuna i fascisti, con Giovanni Gentile come capofila, sostengono “…che il fascismo era in qualche modo la continuazione del Risorgimento, ma sono fortemente in disaccordo con l’affermazione…”.
La storiografia,quella seria, nonostante i numerosi distinguo, ha indagato la possibile continuità del Risorgimento soprattutto con la Resistenza, ma non col fascismo, con numerosi saggi di approfondimento e analisi critica.
Alcuni, infatti, definiscono la Resistenza come Secondo Risorgimento italiano.
Del resto, il Risorgimento è stato una ribellione di popolo contro l’Austriaco invasore, la Resistenza, una guerra civile contro i nazitedeschi invasori, supportati dalle camicie nere e repubblichine italiane.
In un articolo, “Dal primo al secondo Risorgimento”(https://www.anpi.it/articoli/125/dal-primo-al-secondo-risorgimento), apparso il 7 dicembre 2010 sul sito dell’Anpi, poi riproposto riveduto ed ampliato in una pubblicazione dell’Associazione Partigiana: “Risorgimento, Resistenza, Costituzione, scritti ed interventi di Umberto Carpi”, il docente universitario presso l’Università di Pisa, affronta in profondità, dando voce a molti e in ‘contraddittorio’, la continuità della seconda guerra di popolo con i moti risorgimentali.
L’intero ragionamento compiuto da Carpi è stato allegato integralmente così da poter avere il quadro e pensiero completo.
Evidenziamo però, in maniera arbitraria, due concetti: “…la Resistenza era stata davvero il compimento di una rivoluzione risorgimentale incompleta…?”
Il secondo, ancora più netto e convinto:”…il Risorgimento di destra non lo era stato mai…”.
E torniamo alla lettera pubblicata su uno dei quotidiani locali della città Leonessa d’Italia (il Museo del Risorgimento è stato ribattezzato con questo nome).
Cosa c’entrano Mussolini, il busto realizzato dal milanese Wild, ed il fascismo con il Risorgimento? Il lettore-autore se lo chiede, e chiede risposte.
Noi stessi, ed altri visitatori, durante la visita ce lo siamo chiesti. Perchè il ‘duce’?
Forse, l’autrice-coordinatrice del nuovo percorso museale, nonché i componenti del ‘Comitato d’indirizzo per il museo’ , collaboratori e collaboratrici principali e secondari, potrebbero chiarirlo.
Nel comitato figurano storici e docenti universitari con precedenti incarichi politici (Pci, Pds, Ds, Pd e Art 1), esponenti provinciali di primo piano di Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Fiamme Verdi e antifasciste militanti.
Le possibili, deboli, giustificazioni che il busto è contorno, le corpose spiegazioni avverse alla presunta fascistica teorizzazione della continuazione del regime con il Risorgimento sono nulle.
Cosa c’entra il busto del testone di Predappio con i moti antiaustriaci?
E nemmeno l’esposizione della bandiera originale della 122° Brigata Garibaldi bresciana, compensa o giustifica l’intrusione mussoliniana.
Ci affianchiamo al cittadino cui piace approfondire la storia.
Siete in tanti che dovete delle risposte.
Senza aspettare l’esito delle elezioni regionali.
F.A.
7 febbraio 2023


Immagino che il busto di Mussolini sia stato inserito, prima della bandiera della 122a Brigata Garibaldi, con lo scopo di “contestualizzare” la “rivendicazione” fascista e in seguito “resistenziale” della continuità col Risorgimento. Non ho ancora potuto visitare il nuovo museo, e mi riservo di commentare più estesamente dopo la visita. Ma già da ora vorrei fare alcune brevi osservazioni, senza pretese da “saggio storico”. Che il Risorgimento “di destra non lo fosse stato mai” è un’opinione che va, per lo meno, chiarita. Il Risorgimento è stato un fenomeno complesso e contraddittorio. Ovviamente le rivolte popolari del ’48 (non solo contro gli austriaci, ma pure contro i Borboni e il Papa) non possono certo essere definite “di destra”. La destra dell’epoca erano, appunto, gli Asburgo, i Borboni, il Papa, ecc. Non è un caso che gli animatori di queste rivoluzioni erano gli esponenti dell’estrema sinistra di allora, repubblicani, federalisti o unitari, e “socialisti” (vedi Ferrari e Pisacane, per fare solo due esempi). Diverso è il caso dei liberal-conservatori filo sabaudi (Cavour in primis) che certamente “di sinistra” non erano. Ma, in quel contesto storico, ebbero comunque un ruolo relativamente “progressista” (seppur piegato pesantemente al servizio dell’immonda Casa Savoia). Che il fascismo (come tutte le correnti nazionaliste e liberali) si richiamasse al Risorgimento non è un mistero per nessuno, e, a mio avviso, non giustifica l’esposizione di simboli fascisti in un museo dedicato al Risorgimento (1848-1870), un fenomeno conclusosi 49 anni prima della fondazione dei Fasci di Combattimento mussoliniani. A meno che qualcuno non voglia considerare la guerra imperialista del 1915-18, conclusasi con l’annessione all’Italia sabauda di centinaia di migliaia di tedeschi del Sud Tirolo e di slavi della Slovenia e dell’Istria come “Quarta” guerra d’Indipendenza, come recitavano i penosi manuali di storia del ventennio (e pure un po’ dopo, purtroppo). Per quanto riguarda la lettura della Resistenza come “proseguimento” del Risorgimento (lettura fatta propria da chi ha fatto di tutto per espellere dalla Storia gli aspetti di liberazione sociale della Resistenza antifascista) non posso che esprimere il mio indignato dissenso. E se qualcuno a sinistra (e ce ne sono stati, vero Togliatti?) ha fatto di tutto per far digerire ai palati dei borghesi la guerriglia partigiana, si assuma pienamente la responsabilità di questa assurda mistificazione dal sapore nazionalista e reazionario.
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Immagino che il busto di Mussolini sia stato inserito, prima della bandiera della 122a Brigata Garibaldi, con lo scopo di “contestualizzare” la “rivendicazione” fascista e in seguito “resistenziale” della continuità col Risorgimento. Non ho ancora potuto visitare il nuovo museo, e mi riservo di commentare più estesamente dopo la visita. Ma già da ora vorrei fare alcune brevi osservazioni, senza pretese da “saggio storico”. Che il Risorgimento “di destra non lo fosse stato mai” è un’opinione che va, per lo meno, chiarita. Il Risorgimento è stato un fenomeno complesso e contraddittorio. Ovviamente le rivolte popolari del ’48 (non solo contro gli austriaci, ma pure contro i Borboni e il Papa) non possono certo essere definite “di destra”. La destra dell’epoca erano, appunto, gli Asburgo, i Borboni, il Papa, ecc. Non è un caso che gli animatori di queste rivoluzioni fossero gli esponenti dell’estrema sinistra di allora, repubblicani, federalisti o unitari, e “socialisti” (vedi Ferrari e Pisacane, per fare solo due esempi). Diverso è il caso dei liberal-conservatori filo sabaudi (Cavour in primis) che certamente “di sinistra” non erano. Ma, in quel contesto storico, ebbero comunque un ruolo relativamente “progressista” (seppur piegato pesantemente al servizio dell’immonda Casa Savoia). Che il fascismo (come tutte le correnti nazionaliste e liberali) si richiamasse al Risorgimento non è un mistero per nessuno, e, a mio avviso, non giustifica l’esposizione di simboli fascisti in un museo dedicato al Risorgimento (1848-1870), un fenomeno conclusosi 49 anni prima della fondazione dei Fasci di Combattimento mussoliniani. A meno che qualcuno non voglia considerare la guerra imperialista del 1915-18, conclusasi con l’annessione all’Italia sabauda di centinaia di migliaia di tedeschi del Sud Tirolo e di slavi della Slovenia e dell’Istria come “Quarta” guerra d’Indipendenza, come recitavano i penosi manuali di storia del ventennio (e pure un po’ dopo, purtroppo). Per quanto riguarda la lettura della Resistenza come “proseguimento” del Risorgimento (lettura fatta propria da chi ha fatto di tutto per espellere dalla Storia gli aspetti di liberazione sociale della Resistenza antifascista) non posso che esprimere il mio indignato dissenso. E se qualcuno a sinistra (e ce ne sono stati, vero Togliatti?) ha fatto di tutto per far digerire ai palati dei borghesi la guerriglia partigiana, si assuma pienamente la responsabilità di questa assurda mistificazione dal sapore nazionalista e reazionario.
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Avrei scritto “occupanti austriaci “ e non “invasori austriaci “
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